Per cercare di frenare l’emoraggia verso Di Pietro, (ri)guadganare voti a sinistra, anestetizzare le divaricazioni interne e arginare la delusione (e il conseguente astensionismo elettorale) Franceschini ha scelto la tattica più facile: riesumare la “resistenza” al Berlusconi alfiere di un moderno totalitarismo.
Ha scelto la via più facile, che è anche quella più tossica per il Paese, che ha invece bisogno di un moderno partito di sinistra, con il quale la nostra maggioranza possa cercare di condividere le riforme strutturali per il bene di tutti.
La tattica di Franceschini: tossica per il Paese, probabilmente inutile per il PD
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6 risposte a “La tattica di Franceschini: tossica per il Paese, probabilmente inutile per il PD”
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ER NOVO SEGRETARIO
Appena uscito Walter dar portone
e già in parecchi l’aveveno previsto,
l’artri se so girati e in processione,
hanno trovato n’artro poro cristo.Li capoccioni soliti, d’accordo,
su Franceschini se so concentrati,
perché lo sanno già ch’è poco ingordo,
e a controllallo poco so’ impegnati.Ma lui nun ha capito e s’è buttato
contro er berlusca ed il governo tutto,
nun penzanno che l’artro, giubilato,
s’è levato la sete cor presciutto.Mo’ deve da stà attento a come move
Le leve drento e fora dar partito,
perché er Piddì nun pare se commove,
guarda quell’artro come se n’è ito.Roma 28.02.09
Maurizio Nardi
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VELTRONI L’AFRICANO
Da Sindaco de Roma nun s’è visto,
Usciva solo affà inaugurazioni,
Da Ponte Garibbardi a Ponte Sisto
Da li Parioli ‘nfino giù a Marconi.
Nun se curava de li cittadini
Si questo lo teneva un po in disparte,
voleva fasse bello coi provini,
sguazzanno drento er cinema e nell’arte.
Ma un giorno disse, doppo avè penzato
“vado affà l’africano, pijo e parto,
e invece come un lampo jè passato,
e s’è rifatto l’abbito dar sarto.
I vecchi suoi compagni l’hanno messo
affare er segretario der Piddì,
e lui jè fa : “ nun faccio mica er fesso
de stà assieme co’ quelli del Piccì.
E perdi oggi e perdi poi domani
alla fine der gioco s’è dimesso.
Forze era mejo annà co’ l’africani
Che finì in fonno a destra , verzo er cesso.Roma 29 Gennaio ‘09
Maurizio Nardi -
Diciamolo francamente: il PD sembra “ il grande fratello”, e il nominato della puntata è stato Dario Franceschini. Votato praticamente all’unanimità dagli abitanti della casa, è riuscito nell’ardua impresa, di farsi nominare da tutti. Perché si sa il Vero Grande Fratello, è il re della finzione, ma in salsa PD, invece, è una triste realtà. Una cosa comune che unisce le due grandi case però esiste davvero: Tutti fanno finta di amarsi di litigare di stringere alleanze e poi, per creare il patos, le corna sono all’ordine del giorno ( e sono vere). Il fatto è che il PD, come il Grande Fratello, non ha fondamenta solide e dura il breve spazio di una stagione. Nella versione originale, dimenticati in fretta gli attori protagonisti di quella precedente, lo show riesce a riproporsi, solo cambiando totalmente gli attori.
Nella versione reale del PD invece, nulla si muove in modo che nulla possa cambiare. E’questo che differenzia il successo del grande fratello anno dopo anno, dal continuo insuccesso del Partito Democratico. Con gli stessi attori e senza fondamenta, la casa “prefabbricata” continua rovinosamente a implodere su se stessa. Ma loro non si accorgono di nulla e sono fedeli al motto “ costi quel che costi bisogna continuare” Bassolino e Jervolino docet. Il nominato, dicevamo è il prode Franceschini che appena saputo della cosa, cerca l’audience, il colpo ad effetto, la novità assoluta. E alla prima intervista inveisce indovinate contro Chi? Ma contro Silvio naturalmente. Deve aver pensato: come posso essere leader se, lascio a Di Pietro l’esclusiva degli insulti al Premier? D’altronde condividere la casa con il buon Antonio Di Pietro che, con l’avvento di Veltroni si era illuso di avere l’esclusiva sulle invettive a Berlusconi, non è cosa facile. Supportato com’è dagli altri coinquilini, il Travaglio il Santoro, u sciù Beppe Grillo, l’ineffabile Sabina e l’ombroso Vauro. Difficile competere quando dalla tua parte invece, puoi annoverare, sottiletta Fassino l’austera Rosi Bindi il machiavellico Parisi. Non basta giurare sulla Costituzione per diventare il Barak Obama italiano o molto più modestamente il Di Pietro molisano. Ma a Franceschini, questo, non lo hanno ancora spiegato.
Fedele al copione spera, di conquistare i voti dei teleutenti in modo da non essere la più veloce meteora nel variegato mondo della sinistra italiana.Andrea Cevasco.
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Signor Nunzio,
non le è mai capitato di fare un errore di battitura?
Perchè subito la malafede?
Alla forma ,oltretutto,è da preferire sempre la sostanza e in quanto a contenuti l’On.Palmieri ha sempre dimostrato di essere ineguagliabile.
Come in questo caso,del resto
Saluti
Rosella -
Bisognerebbe parlare anche del testamento biologico dei partiti, sopratutto di quelli che ogni tanto cambiano CAPA.
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Onorevole,
emorragia ci vuole due erre ed una sola g.
Condividiamo almeno l’ortografia.
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