La proposta D’Urso, corretta in linea teorica, cioè astratta, si scontra con due dati di realtà, che la rendono impraticabile e potenzialmente dannosa.
1. Nell’Islam non esiste una unica autorità religiosa riconosciuta da tutti i praticanti, nè una gerarchia. Non hanno l’equivalente del Papa e dei vescovi. Ciò rende impossibile reclutare gli insegnanti, in quanto le varie tradizioni islamiche non sono conciliabili tra loro e sono tra loro nemiche.
2. Questa proposta è tipica dell’impostazione del multiculturalismo, per la quale ogni cultura vive accanto all’altra mantenendo intatte le proprie leggi e tradizioni. Una ricetta che perpetua la separazione, che dove è stata praticata in Europa (Gran Bretagna, Olanda, Belgio) ha prodotto gravi problemi e non ha fermato gli integralisti, anzi. Il multiculturalismo non attua l’integrazione, perchè non favorisce l’incontro e la conoscenza della cultura (in senso lato) del Paese dove si viene a vivere. E’ lapalissiano: separare non unisce…
Semmai bisognerebbe dire agli alunni di religione islamica di frequentare l’ora di religione, che non è più un’ora di catechismo ma, come ha ricordato ieri il cardinale Bagnasco nell’intervista al Corriere, “L’ora di religione cattolica… si giustifica in base all’articolo 9 del Concordato, in quanto essa è parte integrante della nostra storia e della nostra cultura”, ha premesso Bagnasco. Pertanto, la conoscenza del fatto religioso cattolico è condizione indispensabile per la comprensione della nostra cultura e per una convivenza più consapevole e responsabile. Non si configura, quindi, come una catechesi confessionale, ma come una disciplina culturale nel quadro delle finalità della scuola. Non mi pare che l’ora di religione ipotizzata corrisponda a questa ragionevole e riconosciuta motivazione”.
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