La Provincia di Como del 9 giugno 2005
Tre sono essenzialmente i motivi per cui, al termine di una campagna referendaria per me molto intensa e impegnativa, confermo il mio invito a non andare a votare.
1) Studiando e approfondendo ho avuto la conferma che la legge sulla fecondazione artificiale non è perfetta ma è il miglior compromesso oggi possibile tra rispetto della vita umana, desiderio delle coppie di avere figli, sostegno alla scienza affinché sia davvero al servizio dell’uomo. Per questo la legge “merita” di essere messa alla prova per due/tre anni e potrà essere corretta con realismo e buonsenso solo dopo averne valutato compiutamente i reali effetti e non in base a terroristici e interessati allarmismi.
2) Non voglio darla vinta alla campagna referendaria per il “sì” perché ha spesso fatto ricorso a insulti, falsità, omissioni, allo spaccio di illusioni a buon mercato ai malati e alle loro famiglie. Hanno dato l’idea che bastasse la vittoria del sì per curare malattie terribili con le cellule staminali che si ricavano distruggendo gli embrioni umani. E hanno taciuto che oggi non ci sono all’orizzonte terapie con le cellule staminali embrionali, mentre sono 58 le malattie già curabili con le cellule staminali non embrionali.
3) Mi sono reso conto che ciò che veramente è in ballo in questo referendum è il principio cardine della civiltà Occidente, ciò che ci distingue dalle dittature e dal fondamentalismo islamico: ogni vita umana è in ogni momento sacra e inviolabile. Da Gesù a Kant, la nostra tradizione occidentale, ha sempre posto l’uomo come fine, mai come mezzo per soddisfare i desideri altrui, fosse anche il nobile desiderio di essere genitori o quello di guarire.
In forza di queste considerazioni, confermo il non voto come posizione moralmente e politicamente adeguata. Non è l’uso chirurgico del referendum abrogativo per riscrivere le parti fondamentali della legge il modo per fare una legge migliore. I costituenti non volevano che il referendum si sostituisse al Parlamento ma che fosse una vera verifica della volontà popolare: per questo hanno inserito il meccanismo di garanzia del quorum del 50% più uno dei votanti per rendere valido il referendum. In quest’ottica non andare a votare è il modo per rifiutare un referendum proposto da una esigua minoranza di cittadini, cui spetta il compito di convincere la maggioranza degli elettori. A chi vuol difendere la legge spetta invece di usare il meccanismo di voto più funzionale e razionale: non andare a votare. Infatti se il SÌ supera il quorum dei votanti allora è chiaro che la maggioranza dei cittadini vuole cambiare la legge e quindi votare NO sarebbe inutile. Ma se i SÌ da soli non raggiungono il quorum, allora chi vota NO di fatto vota anche per il SÌ perché li aiuta a ottenere il quorum che rende valido il referendum: questo è irragionevole!
Non votare è dunque la scelta più efficace e responsabile per chi voglia valutare gli effetti della legge 40 e poi decidere il da farsi: lascia aperto un confronto sul merito, che compete in prima battuta al Parlamento. Non andare votare nuoce gravemente a questi referendum ma non danneggia per nulla la salute della democrazia, evita di tornare a una situazione di “procreazione selvaggia”, impedisce l’inizio della zapaterizzazione dell’Italia. Scusate se è poco.
On. Antonio Palmieri, deputato del collegio di Cantù
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