Il Foglio del 25 ottobre 2005
L’interpretazione della nuova legge elettorale proporzionale come di un meccanismo “in cui chi ha più filo da tessere, tesse” ha il sapore inevitabile di un tuffo nel passato, ma spiega pure, al di là di ogni ragionevole dubbio, che cosa voglia fare, o almeno cosa sogni di fare, Pier Ferdinando Casini diventato grande e dopo aver fatto fuori l’amico rivale Marco Follini dall’eterna gara per la (virtuale) leadership del centrismo moderato.
L’intervista rilasciata domenica alla Stampa dal presidente della Camera brilla per circospezione (“non mi sono mai candidato a niente”, “è un po’ ridicolo pensare che il leader di un partito del 6 per cento possa porsi come leader della coalizione”) e, fosse solo per questo, si merita un po’ delle stilettate del dirimpettaio centrista Pierluigi Castagnetti: “Dopo aver scommesso sulla possibilità di potersi affermare come leader dell’area dei moderati ha cambiato strategia e si propone come leader che aspira a diventare l’erede, che è cosa diversa. Come tutti gli eredi deve aspettare che l’eredità arrivi”.
Allo stesso tempo è chiara la tattica dei prossimi mesi immaginata da Casini. Un tira e molla senza mai superare il “confine della concordia”, che ha innanzitutto la funzione di demarcare il proprio territorio. Uno dei temi chiave, nell’immediato,
sarà la par condicio alla modifica della quale Forza Italia sta lavorando. Nell’impianto, i cambiamenti dovrebbero ruotare su tre punti: l’abolizione del divieto per le affissioni stradali nell’ultimo mese prima del voto (giudicato “un anacronismo”); l’abolizione del divieto degli spot sulle reti nazionali (ma si troverà un accordo per calmierare i prezzi); infine la ripartizione proporzionale degli accessi tv in base ai voti dell’ultima consultazione.
“Per un partito come l’Udc – ha detto Casini – accettare l’idea che oltre alle preferenze non ci sia neppure la par condicio equivale a non giocarela partita”. Antonio Palmieri di FI, che con Lucio Malan ha fra le mani il dossier, fa notare una certa incongruenza tra le parole di Casini e la “costituzione materiale” della comunicazione politica: “Nelle passate elezioni, tanto l’Udc che An che la sinistra hanno usato come e più di noi gli strumenti del marketing politico, dai convegni alle affissioni a internet. Il tabù dell’uso di strumenti del marketing per raggiungere gli elettori, e del relativo investimento economico, è ormai crollato. Perché allora risfoderarlo contro una modifica di legge che andrebbe bene per tutti?”.
Chiaro che, per Casini, si tratta di tener botta, almeno a parole, a Berlusconi su un tema ad alto contenuto simbolico nel mondo post democristiano. Un’operazione che serve al presidente dei deputati soprattutto in vista delle scadenze interne all’Udc, successive all’addio di Follini. Giovedì ci sarà il Consiglio nazionale, che vedrà sul tavolo dei lavori la “disponibilità” offerta dall’europarlamentare Lorenzo Cesa per la segreteria dell’Udc. Di Cesa, laziale di Arcinazzo Romano e teorico della “ricomposizione del partito moderato”, tutti ricordano la stretta amicizia con Follini; ma per Casini non è certo un nemico e ha finora raccolto via libera da Mario Baccini, ministro della Funzione pubblica e che pure vanta qualche pretesa alla successione, e da Rocco Buttiglione. Casini non ha interesse a esporsi alla guida del partito, proprio in vista di travagliate elezioni. Preferisce godersi la recentissima elezione a presidente dell’Unione interparlamentare, l’organizzazione che riunisce i rappresentanti dei Parlamenti di 141 Stati. Meglio lasciare ad altri le incombenze e le grane. Tra le quali spiccano, in giornata, le baruffe interne all’Udc del Piemonte e l’autodisponibilità espressa da Bruno Tabacci a candidarsi come sindaco di Milano. Una mossa che però Rocco Buttiglione, ieri di passaggio in Lombardia, ha commentato con qualche perplessità.
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