Aumento di un punto dell’Iva, tagli al Fondo Sanitario Nazionale, assoggettamento delle pensioni di guerra e d’invalidità all’irpef, riordino delle agevolazioni, razionalizzazione delle fonti d’illuminazione nei luoghi pubblici. Sono solo alcune delle misure inserite nel ddl stabilità varato dal Governo pochi giorni fa, che chiama gli italiani a compiere nuovi sacrifici.
Però ieri la Corte Costituzionale ha bocciato alcune norme del Dl 78/2010 sugli stipendi ai magistrati e ai manager della P.A. con un reddito superiore ai 90mila euro.
Le misure, varate del Governo Berlusconi due anni fa, prevedevano una riduzione del 10% dei compensi per i componenti della magistratura ordinaria, amministrativa, tributaria, contabile e militare. Così come per i dipendenti pubblici con una retribuzione superiore ai 90mila euro (-5%) e ai 150 mila euro (-10%).
Secondo i quindici giudici della Consulta l’intervento legislativo del Governo Berlusconi in quell’occasione fu discriminatorio: “l’introduzione di una imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale, in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione víola, infatti, il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta economicamente rilevante”. Per la Corte, infatti, il legislatore avrebbe dovuto colpire con le medesime misure anche i dipendenti di aziende private e non solo il pubblico impiego.
Il Decreto legge 78/2010, inoltre, non sancì solo tagli alle due sopracitate categorie che secondo la Corte Costituzionale sono state discriminate. In quell’occasione, furono messi a punto anche alcuni tagli ai costi della politica, che sarebbero continuati anche nella manovra dell’anno successivo, come la riduzione dei compensi per Ministri, Sottosegretari, deputati, senatori, europarlamentari e consiglieri regionali (-10%), il tetto ai compensi per i consiglieri provinciali e comunali, la soppressione dello stipendio per i consiglieri circoscrizionali, la fine del cumulo dell’indennità di funzione per tutti i politici eletti in organi appartenenti a diversi livelli di governo.
La Corte ha dunque bocciato una riduzione del costo degli apparati amministrativi e politici pensato in un momento di grave crisi internazionale.
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