Per noi la scuola è al primo posto

Intervento in audizione con il ministro Moratti
del 15 ottobre 2002

Immagino che ci si attenda che un deputato della maggioranza svolga un intervento difendendo l’operato del suo ministro e del suo Governo. Non intendo svolgere un tale tipo di intervento perché ritengo che non ve ne sia bisogno. Mi accontenterò invece di puntualizzare alcune brevi considerazioni di fondo, di carattere strutturale.

1. Anzitutto ritengo giusto dire che se è vero (come ha detto l’onorevole Gambale) che sarebbe bello avere in audizione il ministro Tremonti; però è anche vero che sarebbe bello avere in audizione, ad esempio, Osama Bin Laden, oppure l’euro con tutto quello che ha comportato, sarebbe bello avere in audizione la crisi dell’Argentina, la crisi ENRON, la crisi FIAT e per ultimi – forse per primi – si dovrebbero ricordare i Governi dell’Ulivo. Questo non per il solito ed abusato discorso del buco di bilancio o dei tentativi di razionalizzazione – non andati in porto – che avete tentato di impostare con le vostre finanziarie (specialmente nelle ultime tre). Ma li chiamerei in causa piuttosto perché le numerose riforme, i numerosi provvedimenti, riguardanti soprattutto la scuola e l’università, messi in campo dall’Ulivo nei suoi cinque anni di Governo, ci impongono di fare una serie di «tagliandi», di verifiche.
Per esempio. la riforma dell’università è una riforma che è stato scelto di non fermare, di lasciare arrivare alla verifica. La stessa riforma del Titolo V della Costituzione ha comportato ad esempio, in sede di scrittura della riforma, una serie di correzioni perché andava adeguata al mutato contesto istituzionale.
La mia considerazione è che qualsiasi ragionamento approfondito vogliamo fare sull’oggetto della nostra audizione non può non tener conto del contesto che dal 19 luglio 2001 cioè da quando il ministro Moratti venne qui in audizione per la prima volta, è radicalmente mutato.
2. Il corollario a questo discorso sul contesto è che anch’io ho apprezzato i contributi che avete fornito sia in questa discussione sia durante la discussione sulla finanziaria. Ma se è vero che dobbiamo soltanto essere contenti di come lavoriamo qui in commissione, la seconda riflessione è che fuori da questa sede dobbiamo però comportarci tutti bene, allo stesso modo. Devo dire che faccio fatica a riconoscere in quello che leggo sui giornali, o quello che sento per radio e televisione – e a volte in Aula – gli stessi colleghi con i quali lavoro qui. Allora il mio è un sommesso richiamo al fatto di non avere due comportamenti. È evidente che poi, fuori da questa sede, quando si va nelle scuole, negli appuntamenti pubblici, si alzino inevitabilmente i toni. Dico ciò perché poi vi seguono, o meglio, voi mandate avanti gli studenti nelle scuole con tutto il corollario di iniziative che ben conosciamo.

3. Questo Governo, e di conseguenza questo ministero, si sono dati un programma articolato su cinque anni. È quindi inevitabile – per noi non è comodo – che il giudizio su quello che faremo potrà essere dato compiutamente soltanto alla fine dei cinque anni. Ci siamo assunti una serie di impegni, cito la riforma della scuola, la verifica della riforma delle università, l’attuazione piena della libertà di educazione, il raddoppio dei fondi pubblici per la ricerca. Il Governo si è impegnato a stanziare un minimo di 15 mila miliardi di vecchie lire in più da spendere nell’arco della legislatura. Questo impone il fatto che il giudizio non può che tener conto del contesto che ho ricordato velocemente prima, ma deve anche tener conto che lavoriamo nell’arco dei 5 anni della legislatura, sempre ammesso che le intemperanze di questi giorni – ma questa è una battuta – ci consentano di farlo.

4. Un altro aspetto riguarda un discorso di merito. Ribadisco che lavoriamo su un programma di legislatura ed ho intravisto «in filigrana» un metodo Moratti; che si basa su due atteggiamenti. La prima parte del metodo è quella usata per la riforma della scuola, per la riforma dell’università e per tutte le grandi riforme che il ministero sta mettendo in cantiere. Disporre una commissione di esperti che studino il problema e che dia vita ad un documento finale. Questo documento finale è poi oggetto di discussione pubblica nel paese e nelle istituzioni. Dopodiché segue un testo di legge, che arriva alle Camere e sul quale noi facciamo poi il lavoro per il quale siamo pagati.
Vi è quindi la seconda parte del metodo che è quella che presenta un sano realismo. Perché è evidente che in un contesto drasticamente mutato rispetto al 19 luglio 2001 non si può far altro che adeguarsi con realismo a questo contesto. Ad esempio, ci si può anche accontentare – come avete affermato – della sperimentazione. Certo, ma io considero il caso della sperimentazione un grande atto di realismo. Perché di fronte all’impossibilità di mettere la riforma in cantiere sin da settembre (data la lunghezza dei lavori parlamentari e stanti le difficoltà che comunque la vita parlamentare comporta) ci si è avviati sulla via della sperimentazione che è una via di realismo e di concretezza: si compie una verifica sul campo con un test in un numero congruo di istituti. In questo modo, si trasforma il male in un bene, per cui lo svantaggio della non approvazione della riforma diventa il vantaggio di poterla testare e di aggiustarla in corso d’opera, con realismo laddove occorresse.
Nel mio intervento in Commissione, durante la scorsa settimana, ho citato le due «r» di razionalizzare e rilanciare, con un sano realismo; poiché le condizioni del contesto impediscono di erogare subito parte di quei 15 mila miliardi di vecchie lire, bisogna prestare attenzione a rimettere mano a ciò che già esiste per farlo funzionare meglio e per risparmiare risorse da investire nella scuola.

5. Von Hayek diceva che le istituzioni sono come una fortezza e, quindi, valgono in virtù del valore dei soldati che ne fanno parte. Non conoscevo in precedenza il ministro Moratti, verso la quale nutro un’insana venerazione dovuta al fatto di essere, oltre che milanese, interista…
Però, poiché ritengo estremamente importante il fattore umano: sono sicuro con lei, signor ministro, perché crede in ciò che fa e questo costituisce un vantaggio per tutti (non che i ministri precedenti non credessero nel loro compito) a differenza del modo in cui il ministro dell’istruzione viene costantemente dipinta da giornali e documenti. Insisto sul fattore umano perché la mia cultura nette al primo posto la persona con la sua libertà e la sua responsabilità individuale.
«br»«br»Primum vivere, deinde philosophari; spesso è faticoso far comprendere che non stiamo filosofeggiando, ma che, quando parliamo di scuola stiamo parlando del vivere. Ribadisco la certezza che per noi, ciò che stiamo facendo appartiene al primum vivere e cercheremo di farlo al nostro meglio. Grazie!


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