LA REPUBBLICA – INSERTO AFFARI E FINANZA del 9 luglio 2007
Il primo fu l’allora vicepresidente americano Al Gore. Poi è stata la volta del premier britannico Tony Blair. E ormai se ne sono accorti tutti: Internet per la politica è fondamentale. Una nuova agorà, a volte spietata, alla quale è impossibile sottrarsi e le cui frontiere si ampliano in continuazione. Dopo aver aperto siti e blog, è la volta dei video. YouTube gioca un ruolo dominante soprattutto nella politica americana, tant’è che la prossima settimana la Cnn ha organizzato una trasmissione dove i candidati alle presidenziali presenti in studio risponderanno alle domande più significative dei cittadini registrate su YouTube. Anche i social network vanno forte, da Facebook a MySpace.
Spiega Marco Montemagno, fondatore di Blogosfere, network di blog che divulga informazioni a tema: «Con gli strumenti del Web 2.0 si può creare oggi una base di sostenitori molto attiva e connessa, in grado di essere determinante per una campagna».
Il futuro si gioca sulle nuove piattaforme, come Mogulus e Ustream, che consentono di trasmettere video in diretta e conferenze stampa in rete senza spese, ovvero collegando il computer al web e attaccandoci la telecamera. Il politico non può più limitarsi ad avere un sito e aggiornarlo: il pubblico è attentissimo, vuole informazioni, vuole interagire.
Nelle campagne elettorali il web è ormai una delle principali fonti di raccolta fondi (il pioniere è stato Howard Dean che nelle presidenziali 2000 ha sdoganato il timore di versare soldi online). John Edwards ha utilizzato la rete per annunciare la sua candidatura alle primarie, Hillary Clinton chatta quotidiniamente con gli elettori e le stesso fa Barack Obama. Se ci spostiamo in Europa, le campagne elettorali di Segolène Royal e Nicolas Sarkozy hanno ampiamente utilizzato il palcoscenico virtuale: il vincitore aveva ingaggiato Loic Le Meur, il più famoso blogger francese.
In Gran Bretagna sono talmente abituati a usare Internet che Matthew Taylor, uno dei consiglieri di Blair ha dovuto chiarire: «Internet è fantastica ma può succedere che con essa i cittadini chiedano troppo e arrivino addirittura a dire di non voler essere governati ma di volersi autogovernare».
Andare sul web è mettersi in piazza, e per farlo bisogna garantire presenza e costanza. Spiega Montemagno: «Non basta andare in rete, ci vuole conoscenza del medium, straordinario ma complesso, soprattutto per la nostra classe politica che appartiene a un’altra generazione. O si è capaci di farlo oppure è meglio lasciar perdere». Pioniere in questo senso è il fondatore dell’Italia dei Valori nonché ministro per le Infrastrutture, Antonio di Pietro. Tra i primi ad aprire un sito e poi un blog molto attivo, utilizzatore di YouTube per i messaggi agli elettori, è stato il primo politico italiano a comprarsi un’isola su Second Life dove questa settimana terrà la sua prima conferenza stampa. «La rete per la politica dice è come la livella di Totò, è come un radiologo capace di scoprire in poche mosse chi vende fumo e chi realtà». Tutto il partito viaggia online con collegamenti interni ed esterni: «Sappiamo istantaneamente cosa succede in ognuna delle nostre sedi». Su Second Life, l’avatar del ministro dialogherà con i cittadini. Ad occuparsi dell’informatizzazione del partito è Mario Bucchich, socio di Casaleggio associati, specialista in strategie di rete: «Andare sul web è sinonimo di trasparenza. Chi ha qualcosa da nascondere tende a procrastinare l’ingresso, ma prima o poi tutti lo faranno».
Circola la voce che anche Silvio Berlusconi si appresti ad aprire un blog, ma Antonio Palmieri, che di Forza Italia è la mente internettiana, frena: «Chi lo fa vuole visibilità: Berlusconi è già molto noto, non ha bisogno di un blog tradizionale. Internet però può aiutarlo a farsi capire in modo diretto e stiamo valutando varie possibilità che valorizzino la sua personalità».
Intanto, la settimana scorsa Daniele Capezzone ha annunciato l’apertura del suo sito www.decidere.net, per una politica ad alta velocità. Spiega Carlo Correr, responsabile stampa dello Sdi: «La Rete è diventata indispensabile, necessaria ma non sufficiente. Però, pur avendo dei limiti naturali non se ne può fare a meno».
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