Antonio Palmieri è un deputato cattolico di Forza Italia che non ha mai fatto mistero della propria fede, assumendo spesso all’interno del suo partito posizioni che si rifanno alla Dottrina sociale della Chiesa. Anche con lui abbiamo scelto di confrontarci su cosa significhi oggi, alla luce dei risultati del 4 marzo, “essere cattolici” in parlamento. Ha ancora senso rivendicare una propria identità? Dove farlo? In che modo?
EDUCARE IN PARROCCHIA.
«Reagisco all’articolo di tempi.it raccontando, innanzitutto, di me stesso. Sono entrato in politica perché, sin da ragazzo, nella mia parrocchia l’interesse per il mondo, per quel che accade, anche in parlamento, era al centro dell’educazione che ci veniva impartita. La parrocchia era il luogo dove si faceva catechismo certo, ma anche dibattiti, incontri, cineforum: c’era veramente un’attenzione a tutto e l’impegno in politica era considerato come qualcosa di nobile, non di “sporco”. Con alcuni amici fondammo un centro culturale che aveva come scopo primario proprio quello di interrogarci e interrogare gli altri sull’attualità della dottrina sociale della Chiesa: come tradurre quei principi in leggi, in azioni pratiche? Il mio impegno in politica è nato in un ambito come questo, quasi naturalmente».
MANCANZA DI LUOGHI.
Palmieri, perché ci racconta tutto ciò? «Perché una premessa necessaria a tutto il nostro ragionamento mi pare essere proprio questa: oggi, questi luoghi non esistono più. Non esistono più occasioni per i cattolici per parlare di politica, ambiti in cui ci si interroghi su come “trasformare”, mi si passi il termine, le proprie convinzioni in azioni. Anzi, addirittura queste occasioni sono evitate, tacciate, eluse. A parte la breve stagione che, per semplificare, chiamo dei “principi non negoziabili”, in cui si è dibattuto con fervore sui criteri che guidano il nostro agire, poi tutto pare essersi spento. C’è chi arriva persino a sostenere che quei principi non sono più importanti!».
I CATTOLICI DEL PD.
In particolare, sottolinea il deputato di Forza Italia, «questo è accaduto nell’ultima legislatura dove è stato evidente la messa in minoranza di un certo tipo di posizioni. Voglio essere molto netto su questo: ciò è avvenuto soprattutto per colpa di Renzi. Nelle passate legislature, sempre nelle fila della sinistra avevano piena cittadinanza voci dissonanti di parlamentari cattolici rispetto alla linea laica del partito. Nell’ultima legislatura questo non è più avvenuto. Il Pd a guida Renzi ha eliminato il dissenso. Inoltre va anche detto che molti cattolici erano comunque convinti nel sostenere leggi come le unioni civili o il biotestamento».
Secondo Palmieri, insomma, non c’è alternativa: «Una casa politica per i cattolici può esserci solo nelle fila del centrodestra. Solo in quell’ambito trovano ascolto le istanze liberali e cristiane: attenzione alla solidarietà anche nell’ambito delle scelte economiche e una posizione equilibrata sul tema dell’immigrazione che cerchi di coniugare l’accoglienza con il mantenimento della nostra identità storica».
IL GREGGE E I PASTORI.
Il rischio dell’irrilevanza, così come paventato dal cardinale Ruini «è forte e presente. Ruini ha ragione da vendere. C’è anche da dire che, a parte qualche vescovo – penso all’importante lavoro di monsignor Crepaldi, ad esempio –, non è che da parte dei vescovi ci sia stato fornito in questi anni un grande aiuto. Il gregge si disperde senza i pastori, è inevitabile. Richiamare al dialogo è sempre prezioso, ma se poi non ci si impegna a sostenere, anche culturalmente, chi nelle fila dei cattolici certe posizioni le porta avanti, chi mai lo farà questo dialogo?».