Ancora una volta abbiamo dimostrato che nè il governo nè la maggioranza intendono “mettere le mani su internet”, limitando la libertà di espressione on line o rendendo più pesante burocraticamente il lavoro degli operatori.
Come avevo proposto ieri nel mio intervento in commissione, i relatori (d’intesa col governo) hanno reso più chiara la definizione di media audiovisivo contenuta nel primo comma dell’art. 4 della bozza (bozza!) di decreto proposto al voto della Camera.
Chiarendo la definizione e dicendo a chiare lettere che sono esclusi da questa definizione i soggetti come i gestori di siti web e gli internet provider la questione è risolta, sgombrando il campo da ogni equivoco.
Non si poteva semplicemente stralciare la norma (via che abbiamo seguito ad esempio quando alla Camera abbiamo bocciato nel decreto sicurezza dello scorso anno il famigerato emendamento D’Alia) perchè la direttiva europea al punto 20 prevede che si debba normare almeno in parte l’audiovisivo diffuso internet: “La radiodiffusione televisiva attualmente comprende, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta (live streaming), la trasmissione televisiva su Internet (webcasting) e il video quasi su domanda (near-video-on-demand)….”.
Tutto è bene quel che finisce bene.
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