Risposta all’editoriale di Mario Calabresi “L’Italia merita qualcosa di meglio” su La Stampa.
Caro Calabresi,
vorrei aiutarla a “vedere meglio”, vale a dire da un altro punto di vista ciò che lei evidenzia nel suo editoriale odierno.
Che nella vicenda libica Sarkozy (soprattutto) e Cameron abbiano fatto e stiano facendo di tutto per tagliare fuori l’Italia (l’Italia, non Berlusconi) è una evidenza. E’ anche una realtà che abbiamo aderito obtorto collo alla guerra contro Gheddafi. Tuttavia siamo così “assenti dalla politica internazionale che conta”, come lei dice, che il capo del governo provvisorio libico è venuto in Italia a trovare Berlusconi il 25 agosto, vale a dire ben venti giorni fa. In quella data è stata ribadita la scelta della nuova Libia di continuare il rapporto privilegiato con l’Italia. Il lunedì successivo l’amministratore delegato dell’Eni Scaroni ha firmato a Tripoli un accordo per sostenere la popolazione libica, ed è attivo un comitato italo-libico presieduto dal ministro Frattini per pianificare le azioni comuni per la ricostruzione. Tutto questo settimane prima della passerella di ieri dei leader francese e inglese.
Lei ha ragione: Berlusconi vive una vita spericolata. Però è la sua vita privata, che tale sarebbe rimasta se i pm non avessero deciso di scandagliarla cercando ipotesi di reato e se i giornali (d’intesa con loro) non l’avessero messa in piazza. L’accanimento dei magistrati contro il premier, che lei in qualche modo ammette, è dunque colpa di Berlusconi? E’ colpa sua se per mesi (e in assenza di reati) i magistrati decidono di mettere sotto controllo la sua abitazione e di intercettare chiunque entri lì, passando poi ai giornali le intercettazioni? Non le sembra curioso che tutti i giornali pubblichino intercettazioni di cui per legge non potrebbero disporre e solo l’editore de Il Giornale viene rimandato a giudizio per aver pubblicato l’intercettazione della famosa telefonata tra Fassino e Consorte?
Berlusconi ha sicuramente il torto di non accettare di essere spazzato via dalla scena politica dalla magistratura e dai media, come avvenne ai partiti del pentapartito. Per questo deve dedicare tempo ed energia alla sua difesa: è colpa sua o di un sistema giudiziario-mediatico in servizio permanente effettivo contro di lui? In una democrazia decidono chi governa gli elettori o questo potere spetta a giudici, editori e direttori di giornali?
Siccome lei è persona onesta, non ha il coraggio di dire che “la profonda crisi economica sia conseguenza diretta dei processi berlusconiani”, perchè sa che non è così e sa che Berlusconi la sua parte l’ha fatta, faticosamente e non come avrebbe forse pienamente voluto, nelle due manovre di luglio e di agosto. La fuga degli investitori stranieri dai titoli di Stato italiani in parte perchè siamo considerati un anello debole nell’euro e in parte è una profezia che si autoavvera, grazie alla ripresa universale di quanto magistrati e media italiani fanno contro il premier.
Infine, a proposito della sua visita alla Camera, lei certo ha colto un aspetto vero: colleghi preoccupati per le cose che i giornali scrivono, per le voci che i giornalisti in Transatlantico alimentano, per il proprio futuro personale. Sono, siamo esseri umani, con i nostri limiti. Se al suo giornale ogni giorno girassero voci sulla imminente chiusura da parte della proprietà, forse anche voi sareste preoccupati, no? Tuttavia, se avesse parlato con altri colleghi, avrebbe però anche sentito preoccupazione per le sorti del nostro Paese, senso di impotenza e di delusione perchè la direzione che Berlusconi e il governo hanno indicato per il fine legislatura – tenuta in ordine dei conti pubblici, avvio processo di dismissione dei beni pubblici per ridurre il debito e dunque tranquillizzare i mercati definitivamente, approvazione delle riforme costituzionali, del fisco e della giustizia – rischia di naufragare sotto i vostri colpi mediatici-giudiziari. Anche così si uccide la speranza. Lei ha ragione: gli italiani non meritano di vivere in quest’angoscia. Mettiamoci tutti una mano sulla coscienza e lavoriamo per il bene comune, ciascuno nel posto dove si trova.
Cordialmente,
on. Antonio Palmieri
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