Il Riformista del 4 marzo 2004
Sull’abolizione della par condicio Silvio Berlusconi non ha alcuna intenzione di recedere. Il premier pensa di vincere le resistenze di Umberto Bossi e ieri sera ha chiesto e ottenuto un incontro con Marco Follini, proprio per convincerlo a non ostacolare l’approvazione di un disegno di legge da approvare già nel prossimo Consiglio dei ministri. Ma il leader centrista ha ribadito il suo «no» a qualsiasi modifica, anche marginale. Per tutta risposta, il Cavaliere ha dato il via libera ai suoi per la presentazione in Parlamento del testo, firmato dal senatore Lucio Malan e dall’onorevole Antonio Palmieri. Composto di sedici articoli, il provvedimento s’intitola Disciplina delle campagne elettorali e referendarie e della comunicazione politica.
Il testo di Malan e Palmieri, che il Riformista ha letto, se approvato disciplinerebbe «lo svolgimento delle campagne elettorali» per il «Parlamento europeo, per le elezioni politiche, regionali e amministrative e per i referendum». Gli articoli 3 e 6 sono i più importanti. Il primo abolirebbe le restrizioni sulle affissioni di manifesti. In pratica, significherebbe allungare il periodo di affissione dei cartelloni elettorali, soprattutto dei famosi 6per3 che hanno fatto in parte la fortuna politica del Cavaliere. L’articolo 6, invece, si annuncia già nel titolo: Comunicazione politica e messaggi autogestiti gratuiti durante le campagne elettorali. Al comma 5 vengono stabiliti i tempi di partecipazione nelle trasmissioni elettorali, ripartiti «in modo proporzionale ai voti ricevuti nella precedente analoga consultazione, con una ripartizione equilibrata tra i vari soggetti per quanto riguarda la collocazione delle fasce orarie».
Nel testo, ancora da limare, Malan e Palmieri segnano in corsivo le parole che possono rappresentare «una possibile soluzione del problema delle liste non presenti nelle assemblee da rinnovare (tipo Fi nel 1994)». E in corsivo è segnato il passaggio successivo alla «ripartizione in modo proporzionale» degli spazi tv. Secondo il testo dei due parlamentari azzurri, è «fatta salva una quota del 10%» da ripartirsi «fra tutte le forze politiche».
Data la premessa, è dunque chiaro un fatto: siccome Forza Italia alle europee del 1999 ottenne il 25,2% dei voti, con il testo Malan-Palmieri gli spazi tv riservati agli azzurri surclasserebbero quelli dell’Udc. Inoltre, al governo (da identificare con Berlusconi), è già garantito il 33% circa dello spazio televisivo. Per cui il Cavaliere, invitando Follini a recedere sulla par condicio, gli sta chiedendo di scavarsi da solo la tomba elettorale. Anche perché da una rapida lettura dei dati dell’Osservatorio di Pavia sulle presenze televisive dei leader politici a dicembre, gennaio e metà febbraio, se ne ricava che Follini e Bossi (telegiornali esclusi, dove i due resistono) vivono una condizione da esiliati sulle reti nazionali. Ma mentre il Senatur gode del sostegno al Nord dei tiggì regionali, il segretario centrista non ha nemmeno quello.
Vi risparmiamo stime e tabelle di difficile comprensione, ma un altro dato dell’Osservatorio è molto interessante. Follini e Bossi aumentano la loro presenza in tv, e nelle fasce orarie più importanti, soltanto quando alzano la voce. In particolare, il leader dell’Udc ha raggiunto l’apice nel periodo dal 31 gennaio al 13 febbraio. Erano quelli i giorni in cui si discuteva di verifica e Follini rifiutava di entrare nella squadra di governo. Un trend, questo, che verrà confermato quando arriveranno i dati sulla terza settimana di marzo, durante la quale è esplosa la contrapposizione Berlusconi-Follini sui «politici ladri». Ma visto che il segretario centrista non ha intenzione di continuare a litigare, ieri ha ribadito al premier che sulla par condicio è meglio chiudere subito la discussione (e nel frattempo ha nominato lo «sveglio» Mario Baccini, uomo di voti e relazioni, come coordinatore nazionale della campagna elettorale del partito).
Allora, se Follini dice «no», perché Malan e Palmieri insistono? Le ragioni sono due, l’una politica e l’altra pratica. Dal punto di vista politico, la proposta di legge rappresenta una spada di Damocle permanente, che Berlusconi potrà utilizzare ogni volta che i centristi chiederanno qualcosa. Sul fronte «pratico», invece, il testo sarà la base da cui partire per tentare un blitz al momento dell’approvazione di un altro provvedimento, quello che recepisce la normativa europea in materia di incompatibilità e istituisce l’election-day. A questo secondo Ddl dovrebbero aggiungersi due emendamenti, che altro non sarebbero gli articoli 3 e 6 prima svelati. E vista l’aria che tira, il giorno in cui si voterà in Parlamento, opposizione e Udc faranno bene a evitare distrazioni.
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