Il ministro sostiene di aver liberalizzato la Rete senza fili. Ma non è vero. Ecco, punto per punto, che cosa si nasconde dietro la campagna digitale del governo
Il governo italiano “ha finalmente liberalizzato la Rete senza fili in Italia” è questo il messaggio che ha fatto passare Roberto Maroni, annunciando l’abrogazione delle norme che attualmente impongono, parole testuali del ministro, “forti restrizioni alla possibilità di connettersi liberamente al WiFi, che sono quindi molto pochi in Italia rispetto agli altri paesi europei”.
Ma siamo davvero alla vigilia della grande liberalizzazione? L’Italia, dal primo gennaio prossimo, potrà iniziare a rimettersi in corsa con gli altri paesi avanzati per quanto riguarda lo sviluppo di Internet senza fili? Per rispondere bisogna vedere quello che ha davvero deciso il governo e come cambierà la realtà quotidiana degli internauti.
Che cosa sarà del decreto Pisanu.
Il decreto Pisanu del 2005, quello che blocca il WiFi, fu pensato all’epoca come “provvisorio” ma è stato prorogato ogni anno, compreso il 2007 (quando c’era il governo Prodi). Adesso però il governo non intende lasciarlo scadere e basta (cosa che consentirebbe la navigazione libera senza fili dai locali pubblici, come avviene negli Stati Uniti e in tutti i paesi liberi), ma sostituirlo con un nuovo disegno di legge da approvare prima della prossima scadenza (fine 2010). Il tutto “senza lasciare alcun buco legislativo”, come spiega il responsabile Internet del Pdl Antonio Palmieri. Quindi non si esclude, nel caso che la nuova legge non sia pronta in tempo, una nuova mini-proroga “tampone”. Ad ogni modo, c’è la certezza che non si eliminerà il Pisanu se non ci sarà un’altra legge pronta per sostituirlo.
I tre punti su cui si discute.
Per capire come sarà questa nuova legge, bisogna partire da quella attuale e vedere quali sono i punti in discussione. Il decreto Pisanu, nella sua parte su Internet, prevede tre diversi disincentivi alla connessione senza fili da posti pubblici (bar, librerie etc). Il primo è costituito dall’obbligo per il proprietario del locale pubblico di chiedere, prima di poter offrire questo servizio ai suoi clienti, un permesso alla questura; il secondo consiste nell’obbligo – sempre per il gestore del posto pubblico – di tenere traccia in un archivio di tutta la navigazione dei suoi clienti (insomma, quali siti hanno visitato); il terzo e più contestato punto è costituito dall’obbligo per ogni cliente di farsi identificare consegnando la fotocopia di un documento cartaceo prima di iniziare a navigare in Rete.
Il mistero delle nuove norme.
Secondo quanto emerso dal Consiglio dei ministri (non c’è ancora un testo ufficiale su cui discutere, quindi bisogna basarsi su quanto emerge dalle dichiarazioni d’intenti del governo e della maggioranza), dovrebbe sicuramente sparire il primo punto: il titolare di un locale pubblico non dovrà chiedere alcun permesso per offrire la connessione WiFi ai suoi clienti. Il che indubbiamente sarebbe un fatto positivo e la fine di un burocratismo che ha finora convinto molti gestori di locali a non offrire il servizio WiFi.
Per quanto riguarda il secondo punto, invece, è nebbia totale: nessuno (tanto meno Maroni) ha spiegato se il gestore del locale avrà ancora l’obbligo di tenere documentazione dei siti visitati dagli utenti. Secondo Palmieri, “questa sarà materia di discussione tra i tecnici dei tre ministeri interessati”, cioè Interni, Innovazione e Sviluppo (Maroni, Brunetta e Romani). Non è una questione secondaria: se viene costretto a mantenere un archivio di tutti i dati, il proprietario del locale ha una notevole rottura di scatole da gestire e non è certo incentivato a offrire il WiFi. Ma tant’è.
Il terzo punto è quello su cui ha più insistito Maroni: fine della registrazione con la fotocopia del documento cartaceo. La norma che lo imponeva verrà sostituita con un’altra in cui “le esigenze di liberalizzazione saranno” (parole testuali di Maroni) “contemperate con le esigenze di sicurezza”. Che cosa significa? Di nuovo, nebbia fitta: “Non si può ancora dire quali saranno le modalità pratiche di accesso al WiFi pubblico: saranno il più snelle possibile, fatte salve le esigenze di identificazione per ragioni di sicurezza”, dice ad esempio Palmieri. E la soluzione che sembra profilarsi è quella da tempo proposta da Roberto Cassinelli, deputato del Pdl: un’identificazione attraverso Sms. In altre parole, quando ci si collegherà senza fili a Internet da un locale pubblico, apparirà sullo schermo una finestra in cui inserire il proprio numero di cellulare. A quel punto si riceverà (sul cellulare) una password attraverso la quale si potrà iniziare a navigare.
(15 novembre 2010)
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